Idraulica

L’O-RING E IL DISASTRO DELLO SPACE SHUTTLE CHALLENGER

 

L’O-Ring è un componente fondamentale per tanti tipi di raccordi e giunzioni.

Climatizzatori, impianti, sistemi di sicurezza e tanti altri dispositivi subirebbero danni importanti se solo questo semplice componente non funzionasse correttamente.

La buona riuscita di un lavoro, l’efficienza di un impianto nel tempo e in molti casi la vita stessa delle persone possono essere compromessi dal malfunzionamento di un O-Ring.

Sapevi che il disastro dello  Space Shuttle Challenger nel 1986 avvenne a causa del cedimento di un O-Ring?

1. Che cos’è l’O-Ring

L’O-Ring può essere considerato il dispositivo di tenuta per eccellenza.

È un anello di elastomero usato come sigillo o come guarnizione meccanica.

Si chiama così perché ha sezione circolare.

Il tornitore svedese Christensen lo inventò nel 1937.

La sua invenzione semplificò di tanto la progettazione e la realizzazione di molti dispositivi.

Negli anni ’40 il governo americano lo dichiarò fondamentale per la guerra e ne permise la produzione anche ad altre compagnie.

2. Un cenno alle gomme

Possiamo classificare gli O-Ring in base al tipo di gomma di cui sono formati.

La gomma è un materiale dotato di grande elasticità: può essere allungato in modo considerevole e torna velocemente alla lunghezza iniziale quando termina l’azione che ne ha causato l’allungamento.

Dal punto di vista chimico, è un polimero.

Un polimero è un materiale che contiene tante parti legate tra loro chimicamente in modo da formare un solido.

Dal punto di vista tecnologico, è un elastomero vulcanizzato.

Viene prodotta attraverso un ciclo di lavorazione che prevede 4 fasi:

  1. Masticazione o preparazione del polimero: è un processo che rende l’elastomero soffice, morbido e vetroso; avviene per mezzo di macchine masticatrici;
  2. Mescola: consiste nell’aggiungere vari additivi chimici all’elastomero per stabilizzarlo, colorarlo e fornirgli le proprietà merceologiche desiderate; avviene attraverso macchine mescolatrici in rotazione in direzioni opposte;
  3. Formatura: a seconda di come la gomma verrà utilizzata, si tratta di:
    1. Calandratura, per la produzione di strisce di gomma lisce o lavorate (per es. per  i pneumatici);
    2. Estrusione , per la produzione di pezzi a sezione costante (per guarnizioni e tubature); consiste nel far passare il materiale allo stato pastoso, forzandolo per compressione, attraverso una sagoma che riproduce la forma esterna del pezzo che si vuole ottenere;
    3. Stampaggio, per la produzione di componenti più complessi.
  4. Vulcanizzazione : è il processo di formazione dei reticoli. Consiste nel legare l’elastomero allo zolfo mediante il riscaldamento. L’elasticità della gomma dipende dal grado di reticolazione.

 

3. Tipi di O-Ring

La durabilità degli O-Ring può essere minacciata da diversi fattori:

  • dal tipo di fluido o gas condotto nell’impianto;
  • dalla temperatura dell’impianto;
  • da fattori interni o esterni continui o temporanei (per es. l’esposizione al sole).

Le condizioni ambientali comportano dunque diversi fattori che possono danneggiare precocemente i materiale elastomerici che costituiscono l’O-Ring.

Per questa ragione, ciascun tipo di applicazione richiede l’impiego di un elastomero specifico.

Fra i principali tipi di elastomero distinguiamo:

  • l’NBR, idoneo per temperature comprese tra -20°C e +40°C, per circuiti di raffreddamento e per sistemi dedicati alle reti di distribuzione principale di acqua fredda e gas.
  • l’HNBR, ideale per temperature nel range -20 – +70°C, per impianti a gas;
  • l’EPDM, adatto per temperature comprese tra -25°C e 110°C,  per impianti di riscaldamento o per impianti di acqua sanitaria calda;
  • l’FKM , idoneo quando si raggiungono temperature molto elevate, maggiori di 100 °C; è il caso di impianti civili soggetti ad un riscaldamento particolarmente elevato o di impianti solari termici;

4. I tipi di montaggio

Possiamo classificare le tenute ad O-Ring a seconda della mobilità reciproca tra O-Ring e parete di contatto in:

  • statiche : sono quelle nelle quali l’O-Ring e le pareti di contatto sono ferme;
  • dinamiche: sono quelle nelle quali fra l’O-Ring e le pareti di contatto c’è scorrimento.

Possiamo distinguere le tenute anche a seconda del modo in cui avviene la deformazione in:

  • radiale: la deformazione avviene nella direzione del raggio dell’O-Ring;
  • assiale: la deformazione  avviene in direzione assiale, cioè parallela al suo asse e quindi perpendicolare al piano dell’O-Ring.

Per ogni montaggio ed ogni diametro dell’O-Ring ci sono delle tabelle che definiscono le dimensioni e le tolleranze di lavorazione della sede che le contiene.

5. Il disastro dello Space Shuttle Challenger

Il disastro dello Space Shuttle Challenger del 28 gennaio 1986 avvenne a causa del cedimento di uno degli O-Ring che sigillavano ed assemblavano i 4 segmenti dei razzi a propellente solido impiegati per il lancio.

La mattina del lancio, il termometro scese al di sotto di 0°C, una temperatura anomala e non prevista per la Florida, caratterizzata da un clima mite.

L’anomalo abbassamento della temperatura provocò una perdita di elasticità che compromise la resilienza della giunzione, che non realizzò più la tenuta prevista.

L’O-Ring non si deformò correttamente ma divenne rigido e vetroso.

La transizione vetrosa della mescola dell’O-Ring non impedì la fuoriuscita di un fluido infiammabile che, infiammandosi, causò un cedimento strutturale del serbatoio esterno che conteneva idrogeno ed ossigeno liquidi.

Si ebbe così un incendio ad alta quota.

Persero la vita i 7 astronauti a bordo.

È  considerato uno dei peggiori disastri della storia dell’esplorazione spaziale.

 

disastro dello space shuttle challenger